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Sangue del cordone ombelicale: nuove speranze per bimba con leucemia

Una bimba di pochi mesi, Isla Bond, malata di leucemia ha avuto nuove possibilità di sopravvivere grazie all’iniezione di sangue del cordone ombelicale allogenico. Isla non aveva neanche quattro mesi, quando le fu stata diagnosticata un tipo di leucemia molto aggressiva che colpisce un bambino su un milione. Dopo mesi di terapia chemioterapica, la progressione della malattia non accennava a fermarsi e, viste le gravi condizioni, i medici decisero che l’unico metodo per invertire la rotta, poteva essere quello di distruggere il suo sistema immunitario e generarne uno nuovo. Questa pratica richiede un trapianto di midollo osseo, ma trovare un donatore adeguato avrebbe potuto causare un ritardo, nell’intervento, di almeno una decina di mesi, mesi che, purtroppo, Isla non aveva. Il sangue del cordone ombelicale è meno complesso del midollo osseo, poiché durante la crescita si viene esposti continuamente a diversi tipi di virus e il sistema immunitario, per rispondervi, costruisce delle difese che, invece, nei bambini e in particolare nel sangue del cordone, non sono ancora presenti. Altro vantaggio nell’uso del sangue del cordone ombelicale deriva dalla sua possibilità di essere congelato e reso disponibile in ogni momento, a differenza del midollo osseo che deve essere prelevato “fresco” dal paziente e impiantato nell’arco di poche ore. Nel caso di Isla, il sangue cordonale è giunto al Sydney Children’s Hospital, l’ospedale in cui si sarebbe svolto l’intervento, prima della bambina stessa, che vive ad Adelaide. Per via della privacy riguardo ai donatori, tutto ciò che si sa è che il sangue del cordone ombelicale proviene da una persona di sesso femminile. Isla, una volta messa in isolamento, ha subito un intervento nel quale il suo midollo osseo è stato completamente distrutto, eliminando, così, anche le cellule affette da leucemia e solo successivamente le è stato iniettato sangue del cordone ombelicale  selezionato. Data l’età di Isla e l’aggressività della leucemia che l’ha colpita, le possibilità di riuscita dell’intervento sono di 1 su 5 e per completare il processo i medici devono usare medicinali per i quali, in Australia, è necessaria una specifica autorizzazione. Nei giorni immediatamente successivi all’intervento, le condizioni della bambina sembravano decisamente gravi e i genitori riportano che soffriva molto, ma a 11 giorni dal trapianto di sangue cordonale, quando, cioè, le cellule impiantate iniziano a produrne di nuove, le condizioni si erano stabilizzate e anche se è presto per parlare di guarigione, i medici australiani vedono nell’uso del sangue cordonale una possibile alternativa al trapianto di midollo.
Fonte: perthnow.com

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