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Trattare la malattia di Stargardt con le cellule staminali

Michael Ganley ha 27 anni e sta perdendo la vista a causa della malattia di Stargardt, una patologia generica che colpisce 1 giovane su 8.000. Le nuove terapie con le cellule staminali potrebbero fare qualcosa per migliorare la sua condizione.
La Stargardt è una forma giovanile di degenerazione maculare, la principale causa di cecità tra le persone più adulte. In questa malattia le cellule che alimentano la retina si deteriorano, causandone la morte. Senza la retina, l’occhio non riesce a processare la luce e a inviare segnali al cervello. Il risultato è una progressiva perdita della vista, a partire dalla visione centrale. I sintomi si manifestano solitamente intorno ai 20 anni ed è una malattia genetica.
Michael ha cominciato ad avere problemi a 21 anni, al college. In quel periodo ha cominciato ad avere problemi a leggere quanto scritto alla lavagna ed è quindi andato da un oculista, che gli ha prescritto un paio di occhiali. Gli occhiali si sono però rivelati inutili e la vista ha continuato a peggiorare, con scintillii e buchi al centro del campo visivo. A quel punto gli è stata diagnosticata la malattia di Stargardt.
Il trattamento mediante cellule staminali si pone l’obiettivo di sostituire le cellule dell’epitelio pigmentato retinico, ovvero le cellule che portano i nutrimenti alla retina e di cui la malattia causa la morte. Vengono usate cellule staminali embrionali, trattate con delle sostanze che ne incoraggino lo sviluppo in vitro e la conversione in cellule dell’epitelio pigmentato retinico. Le cellule staminali trattate vengono trapiantate nell’occhio malato, dove dovrebbero impiantarsi, crescere e riprodursi.
È ancora presto per sapere se la terapia avrà risultati significativi. Michael, che ha subito l’operazione a Dicembre 2013, va avanti con la sua vita e nel mentre si è sposato. A suo dire la vista sarebbe un poco migliorata e sarebbe in grado di leggere un paio di righe in più sul tabellone dell’oculista. Se ci sarà un processo di regressione della malattia, lo potranno dire solo il tempo e ulteriori ricerche.
Fonte: time.com

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