La bioingegneria fa passi da gigante. È stato appena ottenuto il primo tessuto cardiaco adulto, formato a partire da cellule staminali umane, che mostra le caratteristiche essenziali per il funzionamento del cuore. Il risultato è stato raggiunto da un gruppo di ricerca guidato dalla Columbia University School of Engineering and Applied Science ed è pubblicato su Nature. Questo modello potrà essere utile, in particolare, per studi sulla fisiologia e sulle malattie che colpiscono il cuore. Ecco come è stato ottenuto.
Il limite dei tessuti del muscolo cardiaco messi a punto fino a oggi, sempre da staminali, riguardava il fatto che le cellule componenti non erano abbastanza mature e non presentavano le proprietà fondamentali per il funzionamento dell’organo. I ricercatori della Columbia sono riusciti a superare questi limiti attraverso un approccio differente, basato sulla coltura in laboratorio di un muscolo cardiaco umano come quello adulto. Il tutto è avvenuto a partire da cellule staminali pluripotenti indotte umane (IPS), ovvero cellule staminali che però sono state ottenute da cellule adulte differenziate, ad esempio quelle della pelle.
Queste staminali sono state fatte crescere per una durata totale di quattro settimane – mentre di solito si deve attendere un periodo di circa nove mesi per avere questo risultato. “Dato che finora gli sforzi per creare questi organi sono stati limitati dal livello di maturazione che si è potuto ottenere, abbiamo deciso di tentare un approccio del tutto nuovo”, ha spiegato l’autrice Gordana Vunjak-Novakovic, “l’idea è quella di esplorare il concetto di uno sviluppo accelerato”.
Il nuovo approccio si basa sull’uso, nel loro stadio iniziale (prima che inizi la contrazione spontanea del muscolo), di cardiomiociti, cellule che compongono il tessuto muscolare cardiaco, derivati dalle staminali umane. I cardiomiociti così ottenuti, insieme ad altre cellule di supporto, sono stati incapsulati in una soluzione in cui è presente la fibrina, una proteina importante per il sangue, che insieme alle piastrine forma una rete che serve per chiudere le ferite. Questo composto ha costituito la base del tessuto, che è stato fatto crescere in particolari colture. I ricercatori hanno applicato degli stimoli elettrici ed elastici per aiutare l’organo a contrarsi, aiutando a riprodurre ciò che avviene realmente, dunque la normale contrazione per il corretto funzionamento del cuore. Gli autori, inoltre, hanno anche potuto misurare la frequenza cardiaca, che inizi la contrazione spontanea del muscolo), di cardiomiociti, cellule che compongono il tessuto muscolare cardiaco, derivati dalle staminali umane. I cardiomiociti così ottenuti, insieme ad altre cellule di supporto, sono stati incapsulati in una soluzione in cui è presente la fibrina, una proteina importante per il sangue, che insieme alle piastrine forma una rete che serve per chiudere le ferite. Questo composto ha costituito la base del tessuto, che è stato fatto crescere in particolari colture. I ricercatori hanno applicato degli stimoli elettrici ed elastici per aiutare l’organo a contrarsi, aiutando a riprodurre ciò che avviene realmente, dunque la normale contrazione per il corretto funzionamento del cuore.
Gli autori, inoltre, hanno anche potuto misurare la frequenza cardiaca, l’ampiezza del battito e la forza delle contrazioni, nonché la risposta ai farmaci ed altre proprietà dell’organo.
Altro elemento riguarda la scelta dei ricercatori di applicare impulsi elettromeccanici la cui frequenza aumentava leggermente ogni giorno: così, il muscolo deve lavorare sempre un po’ di più. L’obiettivo era vedere se si passava da un muscolo ancora nella fase di sviluppo iniziale ad un organo simile a quello nello stadio adulto. E questo risultato è stato raggiunto, spiegano i ricercatori, che dopo quattro settimane hanno osservato una maturazione senza precedenti della struttura del tessuto, del metabolismo e della funzionalità. Dopo questo periodo, infatti, il tessuto mostrava un profilo di espressione genica, una costruzione strutturata e una serie di funzioni che si manifestano nel muscolo cardiaco umano adulto.
Proprio per queste ragioni, concludono i ricercatori, questo modello potrebbe essere utile sia per studiare il cuore in un approccio specifico sul paziente, dunque che si rivolge al singolo individuo, sia per testare la sua capacità di rispondere ai farmaci. Un altro passo in avanti, nella bioingegneria degli organi, che potrebbe aprire una strada per aiutare a comprendere e a trattare meglio alcune malattie potenzialmente anche fatali.
Fonte: Wired/Nature
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