Il paziente di Berlino rappresenta il primo e unico caso dove la cura dell’HIV con il trapianto di cellule staminali ematopoietiche abbia funzionato.
Nei tentativi successivi di ripetere questo risultato, l’HIV si è riattivato dopo un periodo di clearance virale.
Se si genera una immunità specifica all’HIV grazie ad una terapia a base di linfociti T di natura adattativa, si dovrebbe prolungare la clearance senza riattivazione virale. Questi risultati sono già stati dimostrati con il virus di Epstein-Barr e con il Citomegalovirus dopo il trapianto con cellule staminali ematopoietiche e grazie all’immunoterapia con i linfociti T.
Finora l’immunoterapia con i linfociti T è stata rivolta ad un unico epitopo (parte dell’antigene che lega l’anticorpo specifico) con persistenza e efficacia minima in vivo.
Per migliorare questa strategia, il gruppo di ricerca della dott.ssa Bollard, si è focalizzato sulla produzione di linfociti T a partire da donatori di sangue cordonale, in particolare a partire da donatori con HLA A02+ per la forte caratterizzazione dell’epitopo.
Lo studio ha dimostrato che i linfociti T attivati per antigeni multipli possono generare una risposta riproducibile e efficace che è possibile standardizzare come Good Manufacturing Practice (GMP).
Questo protocollo ha dimostrato di funzionare in vitro e di sopprimere definitivamente il virus dell’HIV.
I risultati cosi ottenuti consentiranno di effettuare trapianti con le cellule staminali ematopoietiche da sangue cordonale contro l’HIV con il supporto dei linfociti T multiantigene per uso allogenico.
Fonte: Molecular Therapy
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