Era impossibile da immaginare solo 20 anni fa, ma il primo embrione completamente artificiale è una realtà. E’ di topo ed è artificiale perché non è stato ottenuto a partire dall’unione di un ovocita e di uno spermatozoo, ma da cellule staminali. Anche se in un futuro molto lontano si potrebbero immaginare esseri viventi artificiali, non è certamente questo l’obiettivo dei ricercatori: oggi l’embrione artificiale è solo un laboratorio unico per studiare le primissime fasi della vita, a partire dalla nascita della placenta e dei meccanismi con cui l’embrione si impianta nell’utero per dare il via a una gravidanza: processi che al momento sono poco noti, una sorta di ‘scatola nera’ della vita.
Pubblicata sulla rivista Nature, la ricerca è stata condotta in Olanda, nell’Istituto di Medicina rigenerativa dell’Università di Maastricht, dal gruppo guidato da Nicolas Rivron. Il punto di partenza sono state due famiglie di cellule staminali: quelle che danno origine alla placenta e quelle da cui si forma l’organismo. Poste le une accanto alle altre in provetta, le cellule hanno cominciato a comunicare e grazie a questo dialogo, mai finora osservato ‘in diretta’, le cellule si sono organizzate in una struttura simile a quella di un embrione nella fase iniziale dello sviluppo, la blastocisti, nella quale si forma la sacca che racchiude le cellule staminali.
L’embrione artificiale, che i ricercatori hanno chiamato ‘blastoide’, è una sferetta costituita da un involucro esterno chiamato trofoblasto e da una struttura interna da cui nascerà il futuro organismo. I ricercatori l’hanno rappresentata in 3D usando i mattoncini delle costruzioni: verdi per l’involucro e rosse per la struttura interna da cui nascerà l’organismo.
“È un bellissimo risultato per i biologi”, ha detto il genetista Edoardo Boncinelli. “Le applicazioni sono di là da venire, ma si può immaginare, in un futuro lontano, un bambino nati da un insieme totalmente artificiale”. Non è comunque questo l’obiettivo: per il genetista Giuseppe Novelli, rettore dell’università di Roma Tor Vergata, l’esperimento “per la prima volta studia da vicino un organo straordinariamente importante della riproduzione, ossia la placenta”. È un passo in avanti, ha aggiunto, per “comprendere i meccanismi dell’infertilità che nasce da un difetto nell’impianto dell’embrione”.
Il direttore del laboratorio di Biologia dello Sviluppo dell’Università di Pavia, Carlo Alberto Redi, ricerche del genere sono importanti per “andare a capire i geni che regolano lo sviluppo” e che permettano di avere “una visione di quali relazioni, componenti e sinfonie di geni devono entrare in gioco nello sviluppo embrionale”.
Non considera realistica la prospettiva di un uomo artificiale il presidente onorario del Comitato nazionale di bioetica (Cnb) Francesco D’Agostino, secondo il quale il rischio sarebbe invece quello di arrivare a creare esseri umani di laboratorio finalizzati a scopi non etici.
L’annuncio del primo embrione artificiale è arrivato a 60 anni dalla nascita del primo bambino in provetta e a 22 dalla clonazione della pecora Dolly, che ha aperto la via alla ricerca sulle staminali: raccoglie l’eredità di entrambe quelle ricerche e costituisce un ulteriore passo in avanti verso la comprensione del linguaggio che rende possibile la vita, fatto di geni e proteine. La posta in gioco è riuscire a capire che cosa accade nelle primissime fasi di formazione di un essere umano.
Fonte: ANSA, Nature
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