Dal pessimismo dei medici su un completo recupero alla speranza ottenuta grazie alla fisioterapia, per poi conquistarne una ancora più grande di speranza. Oltreoceano, però. E’ la storia di Tea, un amore di bambina nata quattro anni e mezzo fa ad Ancona e affetta da una paralisi cerebrale infantile. Pochi giorni fa al “Duke Children’s Health Center” di Durham, in North Carolina, è stata sottoposta a un’infusione di cellule staminali prelevate dal sangue del cordone ombelicale della sorella. Una procedura sperimentale, che secondo i medici dovrebbe portare al cervello di Tea nuovi stimoli in grado di avviare una progressione: «L’infusione è andata bene, secondo le aspettative Tea dovrebbe guadagnare 4 o 5 mesi anagrafici sia dal punto di vista motorio che cognitivo- spiega la madre, Silvia Diamante – per lei sarebbe comunque molto importante, perché la paralisi è come se avesse bloccato le sue capacità all’età di un anno».
Il caso di Tea è il quarto dall’Italia. Si era già verificato nel 2010 il caso di Adriana che ha superato brillantemente ogni possibile aspettativa, poi il caso di Andrea, il primo ragazzo italiano che ha ricevuto le cellule staminali per uso neurologica dalla sorellina Lucrezia. I primi due casi sono stati gestiti dalla dottoressassa Martini, direttore scientifico di Sorgente. I bambini in questione avevano crioconservato le cellule staminali presso il nostro laboratorio.
Un altro caso di auto-infusione di una bimba di origine italiana presso Duke è stato documentato sempre nel 2019. E ora Tea, il primo caso del 2020.
La mamma sostiene «Aspettiamo e vediamo i risultati, ma volevamo far conoscere questa possibilità» continua mamma Silvia.
L’intervento è consistito nel trasferimento di sangue dal cordone della sorellina nel corpo di Tea, con i rischi classici di un trapianto. In Italia non è stato possibile farlo, perché nel nostro Paese è possibile conservare le cellule del cordone, ma per agire su una lista di patologie dalla quale la paralisi cerebrale è esclusa
La scelta era tra Corea, Messico, Iran e la Duke University». La decisione della famiglia è caduta sugli Stati Uniti, dove la ricerca per questo tipo di intervento è già arrivata alla seconda fase dei finanziamenti. La piccola è partita lunedì scorso con papà Michael. L’ intervento appena due giorni dopo: «Dietro c’è stato un lavoro di due anni fatto di scambio mail e contatti, anche per verificare la compatibilità» spiega la madre.
Tea però una battaglia l’aveva già vinta prima di salire sull’aereo. «Quando è nata è stata 20 giorni in terapia intensiva- racconta Silvia- i medici ci dissero di fare fisioterapia ma di non aspettarci nulla di che, perché sarebbe stata poco più che un vegetale». Prima il lavoro dei terapisti del servizio sanitario nazionale, poi quello dei colleghi della “Orizzonte e Autonomia Onlus” di Camerano e dei fisiatri dell’ospedale di Reggio Emilia dove la bimba è stata seguita dalla dottoressa Silvia Faccioli. «I risultati li abbiamo visti, già prima di andare in America, infatti ci è stato detto che Tea riuscirà anche a camminare». Gli Usa sono la speranza in più: «Se guardi fuori dai confini nazionali c’è una ricerca che va avanti e dall’altra parte del mondo queste cose potrebbero essere fatte anche qua» conclude Silvia.”
Fonte: Ancona Today
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Badalà/Lombardo (Cliente Sorgente)
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