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Studiare la fibrosi cistica con le cellule staminali

Una malattia genetica grave, che si può manifestare in oltre duemila varianti geniche che danno origine ad almeno sei classi sintomatiche diverse: la fibrosi cistica. E proprio a causa della difficoltà di studiare e conoscere tutte le forme in cui può manifestarsi, tutte le terapie finora sviluppate agiscono sui sintomi e non sono risolutive. Ora uno studio tutto italiano pubblicato su European Respiratory Journal ha utilizzato una nuova tecnica di riprogrammazione cellulare per far crescere in coltura, con grande efficienza e in grande quantità, le cellule staminali respiratorie dall’epitelio nasale di alcuni pazienti con mutazioni rare di fibrosi cistica. La direzione è chiara: un approccio terapeutico personalizzato.

La malattia

La fibrosi cistica è causata da varianti patogene di un gene chiamato Cftr (cystic fibrosis transmembrane conductance regulator). Nei polmoni dei pazienti affetti da fibrosi, la mutazione della proteina Cftr associata al gene disidrata il liquido superficiale, generando muco spesso e denso che rende le vie aeree soggette a infezioni e infiammazioni croniche, causando talvolta insufficienza respiratoria. Nella popolazione italiana 1 individuo su 2.500 è affetto da questa malattia, mentre i portatori sani sono circa 1 individuo su 25. Negli ultimi anni, la qualità della vita dei pazienti è andata via via migliorando e, mentre fino ad alcune decine di anni fa la mortalità era alta già nei primi anni di vita, attualmente si ha un’aspettativa di vita mediana intorno ai 40 anni, grazie al miglioramento delle strategie terapeutiche.

Lo scorso anno negli Stati Uniti (e in Italia solo da quest’anno) è stato approvato un nuovo farmaco nato dalla combinazione di tre farmaci diversi, con un’efficacia molto superiore e che ha contribuito a rivoluzionare la qualità di vita dei pazienti, specialmente quelli con mutazioni più comuni del gene Cftr – e che costituiscono la maggior parte dei soggetti malati.

Il problema delle varianti

Una delle caratteristiche principali della malattia, dicevamo, è la variabilità della mutazione che la causa. Le varianti sono state studiate poco e alcune non sono ancora state caratterizzate proprio per la difficoltà di studiarle in laboratorio e per la mancanza, almeno fino ad ora, di modelli di studio in vitro. Per questo, almeno il 20 per cento dei pazienti malati non dispone di cure mirate approvate. L’aspettativa e la qualità di vita di questi pazienti subirà un marcato miglioramento non appena queste varianti verranno studiate e verrà valutata la capacità di rispondere a farmaci più efficaci, come è successo per le varianti genetiche più frequenti. È questo è lo scopo della ricerca appena pubblicata: cercare terapie specifiche efficaci per pazienti che al momento sono orfani di cura.

Riprogrammare le cellule dei pazienti in laboratorio

“A partire dalle cellule staminali respiratorie prelevate dall’epitelio nasale si possono ottenere modelli di malattia cosiddetti ex vivo, mediante speciali colture e mediante la generazione di organoidi che riproducono in forma miniaturizzata e tridimensionale il tessuto respiratorio difettoso del paziente”, spiega Eramo. “Utilizzando questi modelli è stato possibile valutare gli effetti delle specifiche mutazioni geniche sulle corrispondenti proteine difettose nelle cellule di ogni singolo paziente”.

Nello studio è stata valutata l’efficacia di farmaci specifici nel correggere la proteina Cftr mutata (la responsabile della patologia) ripristinandone la funzionalità. In particolare, è stata evidenziata l’efficacia del farmaco recentemente approvato in Italia (per le mutazioni più frequenti) su tre specifiche varianti rare tuttora orfane di cura. L’approccio descritto, e in particolare gli organoidi originati dall’epitelio nasale, aiuteranno quindi in futuro a individuare, validare e proporre cure più efficaci e personalizzate per tutti i pazienti con fibrosi cistica.

“Quello che è possibile al momento, sulla base del nostro approccio con gli organoidi respiratori, è che i farmaci già disponibili per alcuni pazienti con specifici genotipi (e altri sperimentali) potranno rapidamente essere valutati in questi modelli ed eventualmente proposti, dopo il vaglio degli organismi regolatori, per le varianti di fibrosi cistica che risulteranno responsive ex vivo, guidando la terapia personalizzata”, conclude Eramo.

Fonte: tratto da “Repubblica”

 

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