Arthur Yu è un cittadino statunitense di origini filippine. Nulla di strano, fin qui: la popolazione USA è un grande pot-pourri di etnie e culture diverse; è parte del suo bello. Arthur vive quindi la vita normale di un normale padre di famiglia: lavoro, moglie, figli, una bella corsa ogni mattina. Finché le cose non cambiano.
Una mattina si prepara per uscire a correre, come al solito. Tempo di percorrere pochi metri, che il suo cuore inizia a battere impazzito: sono bastati una manciata di minuti per raggiungere i 130 battiti al minuto. Decisamente troppi per un uomo allenato come lui – un personal trainer, addirittura! – tant’è che consulta immediatamente un medico.
Bastano pochi giorni per avere la risposta: leucemia mieloide acuta. È qui che le origini di Arthur Yu diventano un problema.
L’unica cura risolutiva per questo tumore è un trapianto di staminali da un donatore sano e compatibile. Se Arthur avesse a disposizione le staminali del cordone di un parente stretto, sarebbe tutto più semplice. Purtroppo non è così, quindi deve cercare un donatore di midollo osseo che sia compatibile con lui e che, per di più, sia iscritto nei registri dei donatori.
Un’impresa quasi impossibile per qualcuno non caucasico, dato che ci sono pochissimi di donatori di altre etnie o di etnia mista.
Un’impresa quasi impossibile che ad Arthur riesce straordinariamente in fretta, però.
Nel giro di poche settimane, i medici trovano un donatore compatibile nelle Filippine, un cugino alla lontana di Arthur. Per una volta, le cose sembrano andare bene, lisce come l’olio: Arthur si sottopone al quarto ciclo di chemio e il donatore fa domanda per il visto, specificando che è per ragioni mediche e che è anche abbastanza urgente.
Il visto viene rifiutato a tempo di record. A quanto pare, il Dipartimento di Stato teme che l’uomo non torni nelle Filippine, una volta concluso il trapianto.
Dev’esserci un errore: forse non è chiaro che Arthur morirà senza quel trapianto. Infatti ritentano con una seconda richiesta e, di nuovo, il visto viene rifiutato sempre per la stessa ragione. Questa volta il Dipartimento si prende un po’ di tempo in più, però.
Tempo che Arthur non ha.
Non rimane che tentare una terza volta, ma questa dev’essere quella buona. Arthur e la moglie portano la vicenda all’attenzione di senatori e membri del Congresso e due di questi rispondono all’appello.
Il membro del Congresso Adam Schiff e il Senatore Alex Padilla prendono Arthur sotto la loro ala, quando parte la terza richiesta per il visto. Nel mentre, Arthur è costretto a sottoporsi a un quinto ciclo di chemio, per tenere il tumore sotto controllo.
Cosa farà, se anche questa richiesta dovesse cadere nel vuoto? Quante possibilità avrebbe di trovare un altro donatore compatibile, magari negli Stati Uniti? Troppo poche. Potrebbe non arrivare a un sesto ciclo di chemio.
Per fortuna, questa volta il visto viene rilasciato. È bastato trasformare la vicenda in un caso di stato.
Sarebbe bello chiudere questa vicenda con un lieto fine, dicendo che Arthur è guarito e che è tornato al suo lavoro. Purtroppo, quella parte della storia è ancora tutta da scrivere.
Quanto meno, adesso Arthur ha gli strumenti per lottare.
Fonte: laist.com
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