Biotech come Cellectis e Allogene hanno, infatti, già iniziato a testare CAR T allogeniche, prodotte a partire da cellule T fornite da donatori sani, e non più dal singolo paziente, ma ricercatori della University of California Los Angeles (UCLA) stanno provando a fare un ulteriore passo avanti verso quest’approccio “off-the-shelf”, grazie a una tecnica che permetterebbe di ottenere una “fornitura praticamente illimitata” di cellule T in laboratorio.
La loro metodica, che consiste nel trasformare cellule staminali pluripotenti in cellule T mature, si basa sull’utilizzo di strutture chiamate organoidi artificiali del timo, che simulano l’ambiente in cui le cellule staminali del sangue si trasformano in cellule T nell’organismo. Il metodo è stato pubblicato nel gennaio scorso sulla rivista Cell Stem Cell ed è stato brevettato da Kite, ora acquisita da Gilead.
Ammesso che queste cellule possano essere modificate geneticamente in modo tale da poter colpire diversi tipi di tumore e prevenire il loro rigetto da parte del sistema immunitario del paziente, il che è ancora tutto da dimostrare data la fase iniziale della ricerca
quest’innovazione potrebbe rappresentare un grande passo avanti rispetto alle terapie con CAR-T attualmente disponibili, che possono essere prodotte solo una per volta, partendo dalle cellule T del paziente che le deve ricevere, con percentuali di successo ad oggi variabili.
Al momento, tuttavia, non è chiaro se l’accessibilità e l’efficienza produttiva della tecnica messa a punto dai ricercatori californiani potrebbero essere superiori rispetto a quelle di altre CAR T allogeniche in fase di sviluppo. Allogene, che all’ultimo congresso dell’American Society of Hematology ha presentato dati su 17 pazienti con leucemia linfoblastica acuta trattati con le sue CAR T allogeniche, con una percentuale risposta completa impressionante (circa 82%), ha affermato che con la sua tecnica si potrebbero trattare circa 100 pazienti per ogni ciclo di produzione.
Il prossimo passo del team sarà quello di creare cellule T dotate di recettori che consentano loro di attaccare le cellule tumorali, ma prive di molecole che causano il rigetto di queste cellule da parte del sistema immunitario del paziente.
Fonte: Tratto da Le Scienze