Dal 2010, il numero di studi clinici per anno di cellule perinatali relativi esclusivamente al sangue cordonale è stato di 10 a 20 nuovi studi al di fuori delle cellule staminali ematopoietiche mentre gli studi relativi a tutte le cellule perinatali hanno oscillato dai 28 ai 56 per anno, attestando quindi una diversificazione delle fonti in ambito clinico.
La crescita più evidente è a carico delle cellule staminali mesenchimali che in 12 anni hanno visto un incremento del 84% a partire da sangue cordonale, tessuto cordonale e placenta.
L’altra differenza significativa è che le cellule staminali perinatali hanno dimostrato di avere applicazioni cliniche molto più ampie rispetto al passato. Dal 2005 al 2017 sono 131 gli studi in terapie cellulari avanzate solo sul sangue cordonale. Tra questi il 75% corrisponde a indicazioni ematologiche/oncologiche (39%) e a condizioni neurologiche (36%).
Nessun altro campo applicativo supera il 9%. Ricordiamo che l’uso in trapiantologia non rientra nella classifica delle patologie per le quali si eseguono terapie avanzate cellulari.
Cumulativamente, dal 2005 al 2017, vi sono 238 studi con le cellule staminali mesenchimali perinatali inerenti ai seguenti campi di applicazione: uso autoimmune 21%; uso neurologico 15%, uso cardiovascolare 10%, uso ortopedico 9% e uso epatico 9%.
Nel 2017, sono 25 gli studi clinici con terapie avanzate in ambito perinatale che hanno raggiunto la fase III o IV.
Poche nazioni sono leader in questo campo: la Cina al primo posto, 36% , gli Stati Uniti al 30% e la Corea del Sud 12%.
Gli unici studi paragonabili in termini quantitativi a quelli inerenti le cellule perinatali sono in ambito immunologico a partire dall’uso dei linfociti T modificati per immunoterapia con CAR, quello che in gergo viene chiamato il protocollo CAR-T che da solo conta un totale di 421 studi.
In questo caso, una applicazione indovinata ha visto esplodere la terapia cellulare con un’unica tipologia di cellule. Ciò potrebbe in futuro avere un effetto moltiplicatore.
Fonte: Future Science, ottobre 2018
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