Alcune alterazioni genetiche possono essere alla base dell’autismo? Ne parla in una video intervista Alessandro Gozzi, direttore del laboratorio di Neuroimaging all’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova (sede di Rovereto). Gozzi è uno dei tre ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova che hanno vinto l’ERC Starting Grant 2018 dell’European Research Council.
La genetica c’entra qualcosa con l’autismo?
Alessandro Gozzi è un biotecnologo che si è formato all’Università di Verona, dove ha ottenuto un dottorato in Tecniche di imaging biomedico. Dopo un periodo di ricerca presso la multinazionale del farmaco britannica GlaxoSmithKline, nel 2010 ha iniziato a lavorare all’Istituto Italiano di Tecnologia, dove dirige il laboratorio di Neuroimaging funzionale, presso il polo di Rovereto. A questo scopo il progetto prevede la combinazione di tecniche neurogenetiche e metodi avanzati di imaging neuronale, al fine di mappare l’hardware cerebrale e le basi della sua disconnessione in stati patologici.
La genetica c’entra qualcosa con l’autismo? La risposta è si, la genetica è uno dei fattori di rischio predominanti nell’autismo, è ereditabile solo parzialmente, ma la situazione è molto complessa. Le mutazioni de novo sono associate all’autismo ma altri fattori hanno un effetto sull’autismo e non sono di origine genetica. Non è ereditabile, si verificano fenomeni noti come il “translinking”. Ad oggi, non esiste il test dell’autismo, non esiste un gene specifico imputabile ma in molti casi sono state identificate mutazioni che sono associabili all’autismo, indotte da fattori epigenetici.
Questi studi di genetica ci possono avvicinare a capire i meccanismi fisiologici del cervello. La ricerca genetica è un a chiave interpretativa dell’autismo perché vi è moltissima eterogeneità e servono dei tests oggettivi.
Studiando molte mutazioni associate all’autismo è forse possibile, per omologia, creare maggiore omogeneità per identificare quanti tipi di autismo esistono.
Bisogna unire le tessere tramite mappature di imaging cerebrale. A questo scopo il progetto prevede la combinazione di tecniche neurogenetiche e metodi avanzati di imaging neuronale, al fine di mappare l’hardware cerebrale e le basi della sua disconnessione in stati patologici.
Fonte: Corriere della Sera
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