Le cellule staminali del cordone ombelicale possono essere usate per il trattamento di oltre 80 patologie. Nel mondo si sono superati i 30mila trapianti di queste cellule, cambiando migliaia di vite. Eppure in Italia il 95% dei cordoni è ancora trattato come un “rifiuto speciale”. Uno spreco incomprensibile.
Le possibili applicazioni delle cellule staminali del cordone aumentano ogni giorno di più: terapie per i bambini affetti da paralisi celebrale; terapie contro patologie genetiche un tempo devastanti, come l’ADA-scid e la Sindrome di Wiskott-Aldrich. La loro versatilità permette anche di usare più di un campione, ottenendo il numero di cellule necessario per i trattamenti su pazienti adulti.
Secondo i dati dei Registri Internazionali, nel 59% dei casi le cellule sono esatte per curare leucemie acute; nel 20% per trattare sindromi mielodiplastiche e mieloproliferative, ovvero patologie nelle quali il midollo osseo non produce correttamente le cellule del sangue; nel 14% le si è impiegate contro linfonodi. I casi rimanenti comprendono tumori, patologie del midollo osseo, malattie autoimmuni e rare. I tassi di successo di queste forme di trapianto sono sovrapponibili a quelli dell’espianto di midollo osseo, molto più invasivo.
L’approvvigionamento di cellule staminali cordonali è facile e non comporta rischi né per la madre né per il neonato. Purtroppo, però, può avvenire solo al momento del parto: è allora che si può raccogliere il sangue contenuto nel cordone e crioconservarlo. Una risorsa che, nel caso dell’insorgere di malattie nel nascituro o nei suoi familiari, si potrebbe rivelare inestimabile.
Eppure nel 95% dei casi finisce nella spazzatura.
Fonte: ansa.it