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Le staminali possono riparare neuroni danneggiati: la scoperta del medico candidato al Nobel

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Il trapianto di cellule staminali efficace contro la sclerosi multipla
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Le staminali possono riparare neuroni danneggiati: la scoperta del medico candidato al Nobel

Le malattie neurodegenerative, come il morbo di Parkinson, le conseguenze di un ictus o le lesioni al cervello portano alla morte delle cellule nevose, causando la perdita delle capacità cognitive, sensoriali e motorie. Una serie di studi ha però rivelato che i neuroni possono essere sostituiti e rigenerati grazie all’utilizzo delle cellule staminali.

La ricerca sull’impiego delle staminali nella riparazione dei neuroni ha avuto tra i suoi principali protagonisti Olle Lindvall, neurologo candidato al premio Nobel e attivo presso il Lund strategic research center for stem cell biology and cell therapy all’ospedale dell’Università di Lund (Svezia). I suoi studi lo hanno portato oggi alla sperimentazione clinica dell’utilizzo di cellule staminali su pazienti affetti da morbo di Parkinson. Questo è stato reso possibile dagli incoraggianti risultati ottenuti nella sperimentazione su animali e uomini, in cui si è potuta osservare la comparsa di nuovi neuroni in sostituzione di quelli morti, con conseguente stop nella progressione dei sintomi del Parkinson e loro regressione.

«Le cellule staminali sono cellule primitive non ancora dotate di specializzazione, ma capaci di trasformarsi in diversi tipi di cellule del corpo, con funzioni speciali». Questa capacità delle cellule staminali danno quindi la speranza di riuscire a utilizzarle per trattare in modo efficace malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer, il morbo di Parkinson e la sclerosi multipla. Il trapianto di neuroni fetali dopaminergici nei pazienti colpiti da Parkinson, ha fornito la prova che nel cervello di uomini adulti è possibile sostituire i neuroni morti con cellule nuove, anche in cervelli di adulti 50-60enni. Come afferma il dottor Lund al Corriere, “questo risultato così incoraggiante dimostra che la ricerca può avanzare in modo responsabile, generando cellule dopaminergiche da utilizzare in studi clinici controllati, con una selezione ottimale dei pazienti e rigorose procedure di preparazione delle cellule e di trapianto”.
Fonte: corriere.it

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