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La ricerca sulle cellule staminali offre nuovi spunti per la terapia contro il Morbo di Parkinson

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La ricerca sulle cellule staminali offre nuovi spunti per la terapia contro il Morbo di Parkinson

In una ricerca durata 7 anni, un team internazionale di ricercatori ha chiarito la causa di alcune forme genetiche di morbo di Parkinson e ha identificato potenziali trattamenti farmacologici. Il gruppo interdisciplinare di ricerca condotto da Rejko Krüger, M.D., del centro dei sistemi biomedici dell’Università di Lussemburgo ha sperimentato questi risultati su cellule prelevate da pazienti e messe in coltura in laboratorio. La nuova combinazione di sostanze attive che hanno identificato deve ora superare gli studi clinici sull’uomo prima di essere accessibile al pubblico. La ricercar è stata pubblicata su Science Translational Medicine.

Una proteina chiamata DJ-1 gioca un ruolo cruciale nel mantenimento delle funzioni delle cellule nervose. Se il corpo non è in grado di produrre una quantità sufficiente di DJ-1, le cellule nervose muoiono. La produzione di una proteina importante come DJ-1 può essere interrotta o alterata permanentemente se il codice genetico o il processo di produzione che lo decodifica è difettivo.

Il prof. Krüger e il suo team sono riusciti a identificare per la prima volta l’importanza di un errore nella produzione dei processi di separazione del DNA nelle fasi di sviluppo di una particolare forma del morbo di Parkinson.

“In questi pazienti, un elemento essenziale dell’assemblaggio della proteina DJ-1 non funziona propriamente” spiega il prof. Krüger. “In termini scientifici lo chiamiamo “exon skipping” (salto di un esone). Il risultato di questo difetto non consente di formare la proteina.”

I risultati della ricerca offrono l’opportunità di attaccare il morbo di Parkinson modificando la disfunzione della sintesi di questa proteina, implementandola con i farmaci.

“Questi nuovi dati cambiano completamente l’ottica con cui si affrontava la terapia di questa malattia, offrendo oggi una nuova lettura e finalmente una possibilità di trattamento,” afferma Ibrahim Boussaad, Ph.D., LCSB primo autore del lavoro pubblicato. “Abbiamo raggiunto questo risultato grazie alle cellule dei pazienti.”

Fonte: Science Translational Medicine

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