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World Cord Blood Day, perché non sono “solo” cellule

La pandemia da Covid-19 ha rinnovato l’interesse generale sul sangue cordonale. Le unità conservate prima della pandemia sono infatti prive di rischi infettivi e, cosa ancora più importante, si stanno rivelando preziose per rigenerare i tessuti danneggiati dal virus.

Nonostante tutto questo e nonostante le incredibili capacità rigenerative delle sue staminali, il 90% e passa del sangue cordonale continua a finire tra i rifiuti. È uno spreco intollerabile, specie se si pensa a tutte le vite che si potrebbero salvare con quei “rifiuti speciali”.

Da ormai 5 anni, il World Cord Blood Day si ripromette di combattere questo scempio. L’obiettivo è attirare l’attenzione del personale medico e infermieristico, affinché spieghino ai futuri genitori che si rivolgono a loro quanto sia importante conservare il sangue cordonale. Sorgente non poteva mancare a un evento del genere.

La prof. Irene Martini, docente e direttore scientifico di Sorgente, ha fatto la sua parte durante l’evento mondiale. Il 17 novembre ha tenuto un webinar dedicato soprattutto ai genitori in attesa, ma anche a chi aveva dubbi e curiosità sulle possibili applicazioni delle cellule staminali. Sorgente è infatti sia una biobanca sia un centro ATMP (Advanced Therapies for Medicine Practices), ovvero un centro nel quale si eseguono terapie avanzate in medicina rigenerativa.

Terapie come quelle esposte da trapiantologi provenienti da tutto il mondo, che hanno spiegato nel dettaglio le ricerche in corso.

Fare un elenco completo degli interventi sarebbe tutto sommato poco utile: sono numeri e dati eccezionali per gli addetti ai lavori, ma pur sempre freddi e apparentemente sterili. Ecco perché al World Cord Blood Day hanno partecipato anche le persone aiutate da questi trattamenti.

L’elenco delle malattie trattabili con le staminali del cordone (più di 80 e in continuo aumento) assomiglia un po’ a una lista della spesa, almeno finché non guardi negli occhi persone come Sosa Evbuomwan.

Nel 2011, l’anemia falciforme l’aveva quasi condannata a morte, dopo il fallimento di un trapianto di midollo donato dal fratello. Oggi Sosa va al college e conduce una vita normale, come se quella malattia non fosse mai esistita. Ed è merito di un trapianto di sangue cordonale.

Nel 2016, sembrava che la leucemia avesse sconfitto Aimee Robinson, che allora aveva appena 10 anni. Anche lei aveva tentato con un trapianto di midollo e, anche con lei, il trapianto aveva fallito. Non c’era più niente da fare, almeno finché non le venne donato il sangue cordonale di un bambino sconosciuto.

Sosa e Aimee sono persone, prima che numeri di un report, ed era importante che fossero presenti. Era importante affinché medici, infermieri, ostetrici le guardassero negli occhi e capissero perché bisogna convincere i genitori di tutto il mondo a non sprecare il cordone ombelicale.

Può sembrare che un cordone non sia niente: sono solo cellule, no? Il punto è che noi siamo fatti di cellule e, a volte, ne basta una manciata per salvarci la vita.

"Siamo davvero rimasti soddisfatti, azienda seria, tutor sempre a disposizione, personale competente e professionale. Complimenti!"
Badalà/Lombardo (Cliente Sorgente)

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