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Cervelli in provetta come strumento diagnostico per il Parkinson

Immaginate di poter comprare un kit in farmacia con il quale potete “grattarvi” qualche cellula, depositarla in una capsula, aspettare che cresca e avere così a disposizione, nel cassetto, un modellino in scala del vostro cervello, da monitorare in qualsiasi momento per diagnosticare precocemente l’insorgenza di possibili malattie. L’idea sembra fantascientifica – e al momento lo è – ma forse tra quaranta o cinquant’anni le cose potrebbero cambiare: è questo che hanno in mente Chiara Magliaro e colleghi, del centro di ricerca Piaggio all’Università di Pisa, che hanno appena gettato le basi per la realizzazione di un cervello in provetta in grado di dormire e svegliarsi proprio come un organo reale, con il quale studiare le caratteristiche di malattie neurodegenerative come il morbo di Parkinson. Il progetto si chiama Nat, che sta per twiN-on-a-chip-brAins for monitoring individual sleeP habits, vi partecipano (oltre al già citato centro Piaggio) anche le Università di Friburgo e di Amsterdam, è finanziato dallo European Innovation Council e inizierà il primo marzo prossimo.

Nel 2019 uno studio pubblicato sulla rivista Stem Cell ha descritto la realizzazione di un mini-cervello, da parte di un gruppo di ricercatori della University of California, San Diego, in grado di esibire un’attività molto simile a quella del cervello di bambini nati prematuramente; nel 2019, infine, un mini-cervello in provetta, realizzato dalla startup tecnologica Cortical Labs, è addirittura riuscito a “giocare” a Pong, lo storico videogioco creato da Atari nel 1972.

Gli organoidi di cervello sono modelli tridimensionali generati a partire dalle cellule staminali ottenute da uno specifico individuo. Per la prima volta, grazie al progetto Nap, si genereranno organoidi di cervello ‘cyborg’, cioè potenziati con elettrodi che permettono di valutare, istante per istante e per lungo tempo, l’attività di tutti i suoi neuroni, e di regolarne l’attività simulando il ritmo del sonno. In questo modo potremo studiare in dettaglio il metabolismo dei neuroni del sistema nervoso centrale e le sue alterazioni”. Ecco come funziona: “Il primo passo – dice ancora Magliaro – è quello di prelevare cellule sia da persone sane che da pazienti che soffrono di Parkinson. Successivamente, coltiveremo queste cellule fino a ottenere dei modelli in miniatura del loro cervello: normalmente, questi mini-cervelli sono sempre in uno stato di ‘sonno’, mentre noi li ‘sveglieremo’ usando un farmaco e seguendo lo stesso ritmo sonno-veglia del soggetto, che possiamo misurare con degli smartwatch. Successivamente, sottoporremo queste cellule a una privazione del sonno per vedere cosa succede”. Sostanzialmente, gli scienziati vogliono insomma “regolare” il sonno dall’esterno per vedere se e come questo ha effetto sul cervello, sia nelle persone sane che nelle persone malate: l’idea, supportata da diverse evidenze scientifiche, è che il sonno sia un fattore chiave non solo nell’invecchiamento precoce, ma anche nella degenerazione delle cellule cerebrali, e che abbia un ruolo nello sviluppo di malattie come quella di Parkinson. “Uno dei nostri obiettivi – aggiunge la ricercatrice – è quello di comprendere meglio gli effetti della deprivazione del sonno e di individuare possibili correlazioni di questi disturbi con i sintomi della malattia di Parkinson, legati ai disturbi del sonno, in maniera personalizzata”.

Avere a disposizione la copia del cervello di un paziente da poter “consultare” ogni volta che si vuole, e usarlo per riconoscere i marker della malattia, sarebbe effettivamente molto comodo, sia dal punto di vista diagnostico che clinico. E un giorno potrebbe aiutare, conclude Magliaro, a mettere a punto farmaci altamente personalizzati, tagliati su misura sul cervello del singolo paziente, con la possibilità di poter valutare prima della somministrazione, usando il modello, la loro efficacia e i loro eventuali effetti collaterali.

 

Fonte: Tratto da Galileo

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Badalà/Lombardo (Cliente Sorgente)

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