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Autosvezzamento: cos’è e perché sceglierlo

Bambino vestito da cuoco che mangia un peperone

TikTok e Instagram traboccano di esempi di autosvezzamento, molti pubblicati più per strappare un sorriso che per esporre un approccio educativo. In questi video vediamo bambini di pochi mesi che mangiano cibi “da adulti” con gusto, afferrandoli con le manine e giocandoci prima di metterseli in bocca.

Le reazioni sono variegate: alcune persone commentano divertite, mentre altre sollevano problemi più o meno legittimi. “I bambini non si sporcano troppo? Chi pulisce, quando hanno finito?” “Far mangiare pasta e verdure a bambini così piccoli non è pericoloso?” “Siamo sicuri che i bimbi mangino davvero?” “Non sarà diseducativo farli mangiare con le mani?”

In questo articolo vedremo cos’è l’autosvezzamento e perché sta guadagnando così tanta popolarità, sia in Italia sia all’estero. Soprattutto, cercheremo di capire i pro e i contro di un approccio che, quali siano le tue preferenze, vale la pena prendere in considerazione.

Cos’è il baby-led weaning o autosvezzamento

L’autosvezzamento – “baby-led weaning” in inglese – è un approccio che lascia che il bambino si svezzi da solo, secondo i suoi tempi e sotto la guida dei genitori. Il concetto è particolarmente chiaro nell’espressione inglese, che significa letteralmente “svezzamento guidato dal bambino”.

In questo tipo di svezzamento, il bambino riceve cibi solidi fin dall’inizio, affinché possa afferrarli e mangiarli in autonomia. I genitori si limitano a cucinare e tagliare i cibi per renderli più facili da afferrare e da masticare, dato che il piccolo ha ancora pochi denti.

Non per nulla, i video dedicati all’autosvezzamento sono pieni di bambini sudici di sughi e pezzi di cibo, intenti a schiacciare l’ennesimo pezzo di carota o di patata tra le manine. Questo è parte integrante dell’approccio: quando lasci un bambino libero di sperimentare con il cibo, lo farà a 360°, andando ben oltre la sola dimensione del gusto.

Qual è la differenza tra svezzamento e autosvezzamento

Come società, non siamo granché abituati a vedere i bambini giocare con il cibo; anzi, fin da piccolissimi ci insegnano che maneggiare il cibo è sbagliato. Questa è forse la differenza più grande ed evidente tra svezzamento tradizionale e autosvezzamento.

Nello svezzamento tradizionale, l’introduzione ai cibi solidi è molto più graduale ed è guidata dagli adulti. Sono i genitori a imboccare il bambino e a farlo mangiare, anche per evitare che si sporchi e che sporchi in giro. Solo in un secondo momento, mettono il cucchiaio in mano al bambino e lo lasciano mangiare da solo.

Nell’autosvezzamento, manca questa fase intermedia: il bambino si imbocca da solo e l’adulto interviene solo se necessario.

L’altra grande differenza è il tipo di cibo offerto al bambino. Nello svezzamento si parte dalle pappe e dagli omogenizzati, quindi cibi che vanno ingoiati senza masticare.

Nell’autosvezzamento, invece, il bambino mangia più o meno quello che mangiano i genitori. Ovviamente non tutti i cibi vengono introdotti fin da subito e tutti vengono tagliati in pezzi piccoli, facili da ingoiare anche masticando poco, ma le differenze si fermano qui.

L’autosvezzamento è pericoloso?

Le pappe dello svezzamento tradizionale esistono per ridurre al minimo il rischio di soffocamento. Ciò significa che l’autosvezzamento è pericoloso?

Tutti noi abbiamo il cosiddetto “riflesso faringeo”, ovvero lo stimolo che ci spinge a vomitare: se un pezzo di cibo o un oggetto tocca il palato molle, i muscoli della gola si contraggono per evitare che questo entri nella gola e, eventualmente, per far uscire ciò che è già entrato vomitando.

Più il bambino è piccolo, più il suo riflesso faringeo è sviluppato; che stia mangiando un omogeneizzato o un pezzo di patata, basta un niente per innescarlo. Purtroppo per i genitori, questa reazione assomiglia a un principio di soffocamento, il che crea preoccupazioni più che normali.

Tenendo conto di questo riflesso, l’autosvezzamento è davvero più pericoloso dello svezzamento tradizionale? Se l’è chiesto anche un team di studiosi neozelandesi.

In uno studio dedicato al rischio di soffocamento nei bambini, i ricercatori hanno confrontato il tasso di (mancati) soffocamenti tra bambini svezzati e autosvezzati. Secondo lo studio, non ci sono differenze significative tra i due gruppi; per il sollievo di tanti genitori, ci azzardiamo ad aggiungere.

Pare che il riflesso faringeo si sia attivato almeno una volta nel 35% dei bambini coinvolti, soprattutto tra i 6 e i 7 mesi. Tutti gli episodi si sono risolti per il meglio, senza bisogno di interventi o con interventi minimi. Ciò dimostra che l’autosvezzamento non è pericoloso, a patto di seguire qualche regola basilare.

Quali sono i benefici dell’autosvezzamento

Accertato che l’autosvezzamento è sicuro, non rimane che chiedersi perché sceglierlo. Lo svezzamento tradizionale è più comodo, per tanti versi: le pappe sono pronte e il bambino si sporca abbastanza poco. Di contro, l’autosvezzamento trasforma seggiolino e pavimento circostante in un campo di battaglia.

Optare per lo svezzamento “baby-led” comporta più lavoro per i genitori, è vero, ma ha anche una serie di benefici per il bambino.

  1. Esplorare il cibo a 360°. L’autosvezzamento consente al bambino di annusare e toccare i cibi, oltre che assaggiarli. Ciò apre le porte a un godimento più completo del cibo, che tocchi anche aspetti come le texture e i profumi.
  2. Imparare ad assaggiare cibi nuovi, dato che il bambino mangia tutto (o quasi) quello che mangiano gli adulti. Inoltre, molti bambini amano sperimentare accostamenti un po’ “audaci” per noi adulti, ottimi però per sviluppare il proprio senso del gusto.
  3. Imparare ad ascoltare il proprio corpo. Quando mangia da solo, il bambino può mangiare quanto vuole e se vuole. In questo modo impara a capire quand’è sazio e a regolarsi di conseguenza, instaurando un rapporto più sano ed equilibrato con il cibo.
  4. Sviluppare capacità motorie e cognitive, dato che deve afferrare il cibo e portarselo alla bocca da solo.

Piccolo bonus per i genitori, questo tipo di svezzamento fa risparmiare su pappe e alimenti per bambini, che sono molto più costosi in proporzione ad altri cibi. Tra l’altro, “costringe” i genitori a mangiare loro stessi meglio, dato che i loro pasti sono anche quelli del bambino.

Come iniziare e quando

L’età migliore per iniziare con l’autosvezzamento è 6 mesi, come per lo svezzamento tradizionale. Nel dubbio, un bambino è pronto per lo svezzamento quando:

  • sta seduto da solo;
  • ha perso il riflesso di estrusione della lingua (la tendenza a tirare fuori la lingua ogni volta che gli si tocca la bocca);
  • riesce ad afferrare gli oggetti davanti a sé;
  • mostra interesse per il cibo degli adulti e li imita mentre mangiano.

Quando ci sono tutti questi segnali, puoi sostituire 1 o 2 poppate con pasti solidi.

Per iniziare con l’autosvezzamento, scegli cibi morbidi e facili da afferrare con le mani; le scelte più comuni sono carote e patate molto ben cotte e fatte intiepidire. Tutti i cibi devono essere tagliati piccoli, affinché possa ingoiarli senza pericolo, e devono essere presentati in un ambiente privo di distrazioni.

Stai sempre vicino al bambino, mentre mangia, e non forzarlo: soprattutto le prime volte, ci sarà più cibo a terra che nel suo stomaco; è normale, anche se abbastanza fastidioso per un adulto. Con il tempo, imparerà a mangiare sempre meglio e a sporcare sempre meno.

Quali sono i tagli sicuri per l’autosvezzamento

Nell’autosvezzamento è fondamentale scegliere dei tagli sicuri per i cibi che si presentano al bambino. L’obiettivo è avere pezzi di cibo piccoli e facili da ingoiare anche interi, qualora il bambino non riuscisse a masticare bene.

I tagli da evitare del tutto sono tondi, cilindri e rondelle, che potrebbero rimanere incastrati in gola. I tagli sicuri sono invece:

  • bastoncini;
  • spicchi sottili;
  • striscioline;
  • trito sottile;
  • grattugiato;
  • purea disomogenea.

Ci sono cibi da evitare?

Fino ai 12 mesi, vanno evitati cibi integrali e legumi interi. La crusca e la pellicina esterna dei legumi accelerano il transito intestinale, che nei bambini piccoli è già molto veloce. Ciò può provocare coliche, diarrea, stitichezza e ostacolare l’assorbimento dei nutrienti.

Attenzione anche a cibi duri come carote e frutta secca, che potrebbero rimanere incastrati in gola. Questi vanno sempre cucinati molto bene o frullati, prima di metterli a tavola.

Per il resto, non ci sono cibi da evitare in toto. Piuttosto, bisogna cambiare le proporzioni tra le diverse componenti dei piatti: più proteine, più carboidrati e meno fibre; questo si traduce in porzioni più piccole di frutta e verdura, rispetto agli adulti.

Lo svezzamento a 5 mesi ha dei rischi?

Alcuni genitori vorrebbero anticipare lo svezzamento per tornare al lavoro, necessità più che comprensibile. Purtroppo, lo svezzamento precoce – ovvero lo svezzamento a 5 mesi o addirittura a 4 mesi – può essere rischioso per il bambino. Prima di introdurre cibi solidi nell’alimentazione, infatti, bisogna aspettare che il sistema digestivo sia abbastanza sviluppato da gestirli.

I neonati sono quasi del tutto privi di microbiota intestinale, le colonie batteriche che abitano il nostro intestino e che ci aiutano a digerire. Se hai mai seguito una terapia antibiotica prolungata, conosci benissimo le conseguenze di una flora batterica compromessa. È pressapoco la stessa situazione, con le dovute differenze.

Oltre che la flora batterica, anche il fegato è ancora immaturo e incapace di produrre la bile necessaria per digerire i cibi solidi. Ecco perché è importante aspettare che il bambino abbia compiuto almeno 6 mesi, onde evitargli disagi e carenze nutrizionali.

Cosa ne pensa l’OMS?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) enfatizza l’importanza di rispettare i tempi del bambino nello svezzamento, affinché possa sviluppare un rapporto sano con il cibo e crescere bene. Inoltre, consiglia di allattare il più a lungo possibile, possibilmente fino ai 2 anni. Per il resto, l’OMS non si è pronunciata sull’autosvezzamento.

Piuttosto, l’OMS incoraggia i genitori a prendere decisioni informate, basate sulle necessità del singolo bambino e sui consigli del pediatra.

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