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I ricercatori di Salk sviluppano una tecnica per riparare ulcere riprogrammando le cellule in vitro

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I ricercatori di Salk sviluppano una tecnica per riparare ulcere riprogrammando le cellule in vitro

Un giorno penseremo alle ulcere cutanee come a qualcosa del passato. Niente più ustioni severe incurabili, piaghe da decubito, patologie croniche come il piede diabetico. Finalmente presso l’istituto di Salk hanno messo a punto una tecnica per convertire le cellule presenti in una lesione ulcerosa in cellule epiteliali.
La tecnica risiede nella riprogrammazione di queste cellule a cellule staminali utili per riparare il danno, contenere gli effetti dell’invecchiamento e conoscere meglio anche i tumori della pelle.
“Le nostre osservazioni costituiscono la prova del principio della rigenerazione in vivo in un tessuto tridimensionale come la pelle e non solo cellule individuali come precedentemente dimostrato” sostiene il prof.Juan Carlos Izpisua Belmonte, primo autore del lavoro pubblicato su Nature lo scorso 5 settembre. “Questa conoscenza può essere non solo utile per migliorare la riparazione della pelle ma può anche servire da guida per le strategie di rigenerazione in vivo in alter condizioni patologiche, cosi come con l’invecchiamento dove la riparazione tissutale è debole”.
Le ulcere cutanee – lesioni che possono riguardare diverse strati dell’epidermide – sono tipicamente trattate per via chirurgica trapiantando la pelle per coprire la ferita ulcerosa. Malgrado ciò, quando l’ulcera è di dimensioni notevoli, è difficile anche per i chirurghi plastici effettuare l’impianto. In questi casi, i ricercatori sono in grado di prelevare cellule staminali dal paziente, metterle in coltura in laboratorio e trapiantarle. Questa procedura però richiede tempo mettendo a rischio la vita stessa del paziente e talvolta non risultando neanche efficiente.
Izpisua Belmonte e Masakazu Kurita, che hanno una specializzazione in chirurgia plastica sapevano che il passaggio critico nella riparazione della lesione cutanea è la migrazione o il trapianto dei cheratinociti basali nella ferita. Questo tipo di cellule agisce come le cellule staminali nella riparazione ma, lesioni grandi e profonde, non hanno più cheratinociti basali in grado di riparare la lesione e anche quando il tessuto si cicatrizza non è più tessuto epiteliale bensì tessuto cicatrizziale.
Izpisua Belmonte e Kurita volevano convertire direttamente le cellule in cheratinociti basali, senza doverle estrarle dal corpo “abbiamo iniziato a rigenerare pelle laddove non c’era più pelle” ha dichiarato Kurita. I ricercatori hanno prima paragonato i livelli di diverse proteine di due tipi di cellule, le cellule infiammatorie e i cheratinociti per avere un’idea di cosa dovevano cambiare per riprogrammare l’identità cellulare. Hanno perciò individuato 55 fattori di riprogrammazione tra proteine e RNA che erano potenzialmente coinvolti nel definire l’identità distinta dei cheratinociti.

Poi attraverso numerosi studi e altrettante prove, hanno ridotto la lista da 55 a 4 fattori che possono mediare questa conversione a cheratinociti.

Quando il team ha trattato le ulcere cutanee con questi 4 fattori nei topini, hanno ottenuto pelle nuova in 18 giorni. Nel tempo, l’epitelio neoformato si espande e si connette con l’epitelio limitrofo. A tre e sei mesi, le cellule generate si comportano come cellule della pelle in numerosi tests molecolari, genetici e cellulari.

I ricercatori hanno ora pianificato di ottimizzare la tecnica e di guardare come migliorare ulteriori modelli di ulcere cutanee.
“Prima di arrivare alla clinica saranno necessari altri studi” dichiara Kurita.

Fonte: Nature 2018

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Badalà/Lombardo (Cliente Sorgente)

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