Ovociti, e un giorno forse anche spermatozoi, prodotti in laboratorio sfruttando le incredibili proprietà delle cellule staminali. Un futuro sempre più vicino, grazie a un nuovo studio pubblicato su ‘Science’ da ricercatori dell’Università di Kyoto, che sono riusciti a ottenere oogoni umani, cioè cellule germinali primordiali femminili, in vitro. E gli scienziati suggeriscono che il loro sistema potrebbe essere testato anche per ottenere spermatozoi. “C’è ancora molto da fare, gli oogoni si dovranno sviluppare in ovociti e dimostrare competenza riproduttiva, ma soprattutto la loro qualità intrinseca. Ma se la tecnica si dimostrerà sicura, troverà applicazione per tutti quei casi che oggi ricorrono alla donazione di gameti”, spiega all’Adnkronos Salute Laura Rienzi, embriologa, direttrice dei laboratori dei centri di Pma Genera e past president della Società italiana di embriologia, riproduzione e ricerca (Sierr).
La gametogenesi umana in vitro è qualcosa su cui la comunità scientifica mondiale lavora da tempo, con l’obiettivo di trasformare la medicina riproduttiva. Lo studio giapponese rappresenta “un’altra pietra miliare nella ricerca lungo il percorso che potrebbe condurre, un domani – evidenzia l’esperta – alla produzione di ovociti maturi da cellule staminali pluripotenti adulte. La produzione di oogoni è avvenuta dopo una prolungata coltura di cellule staminali pluripotenti umane in ovaie xenogeniche ricostituite da cellule ovariche somatiche prelevate da embrioni di topo”.
“Si tratta esclusivamente delle primissime fasi della follicologenesi, cioè il lungo percorso delle cellule germinali femminili che, a partire dalla vita fetale, conduce alla produzione di ovociti maturi tra la pubertà e la menopausa. Ma sicuramente questa evidenza apre la porta a una più approfondita sperimentazione futura. Replicare la gametogenesi umana in vitro potrebbe non essere mera utopia”, afferma Rienzi.
“La tecnica – prosegue l’embriologa – è stata la seguente: sono state generate cellule pluripotenti umane da cellule del sangue (tecnica già precedentemente validata); è stato creato un ‘ovaio artificiale’ di topo utilizzando cellule embrionali murine; le cellule pluripotenti umane sono state messe in coltura nell’ovaio artificiale per 4 mesi; è stata osservata la trasformazione delle cellule umane, che hanno cominciato a mostrare le caratteristiche ovocita-specifiche dei vari stadi della crescita. In particolare si è osservata una riprogrammazione epigenetica tipica delle cellule germinali. Il fatto che sia possibile creare oogoni utilizzando cellule staminali adulte anche nell’uomo genera nuove speranze nella cura dell’infertilità, anche se la tecnica è complessa e richiede ancora molto lavoro”.
“I ricercatori giapponesi – assicura – hanno ottenuto un incredibile risultato, ma è ancora troppo presto per parlare di applicazione nella fecondazione in vitro. Sono state ottenute, per ora, solo cellule precursori della cellula uova, riprogrammate geneticamente, ma c’è ancora molto da capire e da studiare: bisogna essere certi di non introdurre delle modificazioni che potrebbero avere delle conseguenze sulla salute degli eventuali embrioni ottenuti in questo modo”.
“La prospettiva – prosegue Rienzi – è davvero stupefacente, basta pensare alle migliaia di coppie italiane che soffrono di infertilità e che non hanno più a disposizione gameti utili per la riproduzione. Per lo più sono pazienti che sono stati colpiti da tumori e a causa delle terapie anticancro hanno perso proprio quelle cellule che permetterebbero loro la riproduzione. Ma sono anche tante le donne che hanno posticipato il momento del concepimento per cercare una stabilità emotiva ed economica, in una società che poco le supporta nel loro progetto genitoriale. Queste donne si ritrovano a fronteggiare un limite biologico che le colpisce a 40 anni o poco più, segnando la fine della loro capacità riproduttiva”.
In sintesi, conclude, “se la tecnica si dimostrerà sicura da un punto di vista biologico, troverà applicazione per tutti quei casi che oggi ricorrono alla donazione di gameti. La sfida è anche etica-legale, si dovrà sicuramente tener conto dell’evoluzione tecnica-scientifica in modo da tutelare genitori e figli nell’applicazione delle nuove tecnologie”.
Fonte: Adnkronos
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