In agosto, un articolo su “Nature” firmato da ricercatori dell’area di Boston ha offerto nuove prove dell’esistenza di una sorta di memoria nelle cellule staminali, e alcune delle prime prove di questo fenomeno nell’essere umano. Il gruppo – guidato dal pioniere del sequenziamento di singole cellule Alex Shalek e dall’immunologo José Ordovas-Montañes, entrambi del Massachusetts Institute of Technology, e dall’immunologa Nora Barrett del Brigham and Women’s Hospital – aveva cercato di capire perché alcune persone soffrono di allergie croniche debilitanti a polveri, polline e altre sostanze presenti nell’aria. La maggior parte delle persone sperimenta al massimo un attacco passeggero con sintomi simili al raffreddore dovuti a queste sostanze irritanti, ma circa il 12 per cento della popolazione ha una reazione grave che dura tutto l’anno e provoca polipi nasali o altre escrescenze.
Il lavoro è il primo passo della più ampia ricerca del gruppo mirata a comprendere malattie infiammatorie croniche, come l’asma, e le malattie infiammatorie croniche intestinali, in cui il sistema immunitario continua a lanciare attacchi inutili anche dopo che la sfida iniziale è scomparsa. Questi tipi di disturbi auto-infiammatori sono stati a lungo attribuiti al sistema immunitario, che reagirebbe eccessivamente a una minaccia percepita. Ma il gruppo di Boston sospettava potesse esserci una causa nel tessuto stesso.
I ricercatori hanno iniziato prelevando cellule dalle cavità nasali infiammate di persone con sinusite cronica per poi confrontarle con cellule di soggetti sani usati come controllo. Dopo aver raccolto circa 60.000 cellule da 20 persone, hanno sequenziato le molecole di RNA prelevate da singole cellule per determinare quali geni fossero attivi. Nelle staminali dei pazienti affetti da sinusite, hanno osservato che molti dei geni attivi erano associati all’infiammazione allergica, in particolare i geni erano bersaglio di due mediatori immunitari chiamati interleuchina 4 (IL-4) e interleuchina 13 (IL-13). Si tratta di piccole molecole che le cellule immunitarie come i linfociti T e B usano normalmente per comunicare tra loro.
Il fatto che i geni bersaglio fossero attivi nelle cellule staminali indicava che apparentemente le staminali stesse erano in comunicazione diretta con il sistema immunitario. L’intuizione che questa comunicazione potesse avere un effetto sulla natura cronica della malattia ha portato i ricercatori a un’ulteriore serie di esperimenti.
Fonte: Le Scienze
"Siamo davvero rimasti soddisfatti, azienda seria, tutor sempre a disposizione, personale competente e professionale. Complimenti!"
Badalà/Lombardo (Cliente Sorgente)
Leggi i commenti lasciati dai nostri clienti.