Nuovi possibili passi in avanti contro la retinopatia diabetica, una delle complicanze croniche del diabete che colpisce gli occhi e può portare alla cecità. Uno studio condotto dai ricercatori del Dipartimento di medicina dell’Università di Padova e dell’Istituto Veneto di Medicina Molecolare (Vimm) ha identificato un nuovo metodo per stimolare il livello delle cellule staminali circolanti (che proteggono i tessuti e gli organi dal danno cronico) nei pazienti con questa patologia. Si tratta del fenofibrato, un farmaco comunemente utilizzato per il trattamento di elevati livelli di trigliceridi.
I risultati della ricerca aprono la strada allo sviluppo di nuovi approcci terapeutici in grado di proteggere dalla progressione della retinopatia diabetica.
Per compiere lo studio, pubblicato su Diabetologia, la rivista ufficiale della Società europea per lo studio del diabete (Easd), il team di ricerca è partito dai risultati di due studi internazionali che indicavano come il fenofibrato fosse in grado di proteggere dalla progressione della retinopatia. “Avevamo notato che i pazienti diabetici con bassi livelli di cellule staminali circolanti hanno un rischio aumentato di progredire verso stadi più avanzati di retinopatia”, ha spiegato il coordinatore del team di ricerca Gian Paolo Fadini, professore associato di Endocrinologia e principal investigator dell’Unità di Diabetologia sperimentale del Vimm. “Abbiamo quindi cercato di capire come sia possibile stimolare le staminali circolanti, che hanno un ruolo chiave nel proteggere i tessuti e gli organi dal danno cronico, e il cui meccanismo di protezione è compromesso dal diabete. Il nostro laboratorio potrà lavorare così nell’identificazione di approcci terapeutici per ripristinare la protezione d’organo tramite le cellule staminali nei pazienti con diabete”, ha aggiunto.
Secondo Angelo Avogaro, docente di endocrinologia e direttore della Diabetologia di Padova, “comprendere il meccanismo di un trattamento è un passo fondamentale per permetterne un suo utilizzo su larga scala”. “Questo nuovo studio fornisce un importante contributo alle nostre conoscenze di come sia possibile prevenire la progressione di una delle più temibili complicanze croniche del diabete per cui, ancora oggi ci sono limitate opportunità terapeutiche”, ha concluso Avogaro.
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Badalà/Lombardo (Cliente Sorgente)
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