Centro assistenza clienti
dieta non ingrassare
Esempio di Dieta in Gravidanza per non Ingrassare
farmaci gravidanza
Farmaci in Gravidanza, una piccola guida
Show all

Gli Esami da Fare in Gravidanza

esami gravidanza

Aspettare un bambino non è una malattia, ciononostante ci sono tanti esami da fare in gravidanza,  troppi, direbbe qualcuno. Sarà davvero così? Tutte queste analisi del sangue ed ecografie sono davvero necessarie per mamma e bambino?

Viviamo in tempi fortunati per le donne incinte e per i neonati: un tempo aspettare un bambino era davvero un grosso rischio, talvolta addirittura mortale. Se oggi le cose sono cambiate, è in buona parte merito di tutti questi esami. Fatti nei modi e nei tempi giusti, consentono di individuare le criticità prima che diventino un pericolo o che causino l’insorgere di una malattia.

Esami in gravidanza mese per mese

Prima di procedere con un’analisi dettagliata degli esami da fare in gravidanza, vediamo quando vanno fatti trimestre per trimestre.

Esami primo trimestre

Tra la 1a e la 13a settimana di gestazione si eseguono tutti gli esami del sangue e le prime ecografie, nonché i primi test di screening.

  • Prima visita ginecologica (6a – 12a settimana).
  • Screening trombofilico (6a – 12a settimana).
  • Esami delle urine, per individuare eventuali cistiti o uretriti in corso (6a – 12a settimana).
  • Emocromo (6a – 12a settimana).
  • Transaminasi (6a – 12a settimana).
  • Test di Coombs (6a – 12a settimana).
  • Toxo e Rubeo Test (6a – 12a settimana).
  • Prima ecografia (6a– 12a settimana).
  • Test del DNA fetale (10a settimana).

elenco esami da fare incinta

Esami secondo trimestre

Il secondo trimestre va dalla 14a alla 27a settimana di gestazione. In questo periodo si concentrano i test di screening per rilevare il rischio di malformazioni e di anomalie cromosomiche. Nel caso questi diano esito positivo, si eseguono ulteriori esami diagnostici.

  • Emocromo ed esami del sangue di routine.
  • Esami delle urine.
  • Translucenza nucale (11a – 14a settimana).
  • Bi-test e tri-test (13a e 16a settimana).
  • Ecografia morfologica (19a – 21a settimana).
  • Villocentesi o amniocentesi, se necessario.
  • Curva glicemica, se la madre è sovrappeso o obesa (16a – 18a settimana).
  • Rubeo e Toxo Test, seconda volta (18a settimana).

Esami terzo trimestre

Il terzo trimestre va dalla 28a alla 41a settimana di gestazione. In questa fase si controlla che il feto sia in salute e, al contempo, si tiene sotto controllo la salute materna.

  • Emocromo ed esami del sangue di routine.
  • Esami delle urine.
  • Esami per sifilide, HIV, herpes e citomegalovirus.
  • Curva glicemica, prima volta se la madre è normopeso e seconda volta se è sovrappeso (24a – 28a settimana).
  • Terza ecografia (32a – 36a settimana).
  • Test di Coombs, seconda volta (32a settimana).
  • Toxo Test, terza volta e quarta volta (32a e 37a settimana).
  • Tracciati (ogni settimana dalla 37a).

Quando fare la prima visita in gravidanza

La prima visita dal ginecologo andrebbe fatta tra la 6a e la 12a settimana di gestazione. Fare la prima ecografia prima di questo periodo è inutile, il più delle volte: è normale che alla 5a settimana non si veda niente nell’ecografia. D’altra parte, dopo la 12a settimana è tardi per individuare una possibile gravidanza extraeuterina.

Se si hanno dubbi su quando sia avvenuto l’impianto, l’8a settimana è la migliore per fare la prima visita in gravidanza. In questo modo, si è sicuri di riuscire a vedere l’embrione, anche qualora si fosse impiantato un po’ dopo rispetto a quanto calcolato.

Come si svolge la visita

La prima visita prevede:

  • anamnesi del paziente, per individuare elementi di rischio nella sua storia clinica;
  • domande sullo stile di vita, così da individuare abitudini che potrebbero essere dannose per lo sviluppo embrionale (fumo, alcol, droghe, esposizione a sostanze tossiche per hobby o per lavoro);
  • valutazione dello stato di salute generale della gestante (patologie pregresse e in corso, farmaci assunti, condizioni di sovrappeso o sottopeso, pressione del sangue);
  • prescrizione di esami del sangue e delle urine. Se sono passati più di tre anni dall’ultimo pap-test, è possibile che il ginecologo ne esegua uno nuovo;
  • visita ginecologica;
  • prima ecografia, se la visita si svolge dalla 6a settimana in poi.

Cosa si dovrebbe vedere nella prima ecografia

La prima ecografia si effettua dopo la 6a settimana per assicurarsi che l’embrione sia visibile. Durante la prima ecografia, il medico dovrebbe essere in grado di:

  • assicurarsi della presenza della camera gestazionale, per escludere la possibilità di una gravidanza extraeuterina;
  • dire se la gravidanza è singola o gemellare, in base al numero di embrioni che si sono impiantati;
  • valutare la vitalità del piccolo.

Se si aspetta l’11a settimana per la prima ecografia, è inoltre possibile vedere il cuoricino che batte e valutare l’epoca gestazionale. In base alle dimensioni del feto, il ginecologo è in grado di calcolare con precisione quando è avvenuto il concepimento; eventualmente, comunicherà una nuova data prevista per il parto.

Quante ecografie si fanno durante la gestazione

Se la gravidanza ha un decorso fisiologico, si consiglia di fare 3 ecografie durante la gestazione, una per trimestre.

  • Prima ecografia: tra la 6a e la 12a settimana.
  • Seconda ecografia: tra la 19a e la 21a settimana. Viene detta anche “morfologica” e serve per verificare il corretto sviluppo del feto.
  • Terza ecografia: tra la 32a e la 36a settimana. Si valuta la crescita del feto e si controlla com’è posizionato nell’utero.

Gran parte delle donne incinte effettua però ben più di tre ecografie. Molti ginecologi approfittano della visita mensile per fare un’ecografia veloce, per controllare lo sviluppo fetale; è un di più innocuo per mamma e bambino, ma non strettamente necessario.

Ulteriori ecografie sono obbligatorie solo in casi di emergenza, come:

  • rallentamento della crescita fetale;
  • rilevamento di una possibile malformazione, da confermare effettuando un’ecografia in 3D che ricostruisca chiaramente l’anatomia del feto.

esami gravidanza

Quanti tracciati si fanno a fine gravidanza

Quando la gravidanza si avvicina al termine, l’ecografia si potrebbe accompagnare al cosiddetto “tracciato”, ovvero la cardiotocografia. Si tratta di un esame per monitorare la frequenza cardiaca del feto e le contrazioni dell’utero. 

In genere, a fine gravidanza si fanno 4 tracciati: il ginecologo ne prescrive infatti uno a settimana a partire dalla 37a. Se la gravidanza si protrae oltre il termine, è però possibile che ne prescriva uno al giorno, per tenere sotto controllo lo stato di salute del bambino. Lo stesso vale se vengono rilevate anomalie durante le ecografie, che fanno sospettare problemi cardiaci nel bambino.

Per eseguire l’esame si usa il cardiotocografo, un macchinario collegato a due sonde: una sonda a ultrasuoni, per rilevare il battito fetale; una sonda che analizza le contrazioni uterine. Il ginecologo usa una fascia per fissare entrambe le sonde all’addome della donna, affinché inviino i segnali alla macchina.

Per valutare il suo battito cardiaco, è meglio che il bambino sia sveglio. Se sembra che stia dormendo, la mamma può dare qualche colpetto alla pancia o mangiare qualcosa di dolce per svegliarlo. Una volta fatto, è normale che il suo battito sia un po’ irregolare; l’importante è che rimanga entro un range di 120-160 battiti per minuto.

Lo stesso esame si ripete anche durante il travaglio, per tenere sotto controllo lo stato di salute del bambino.

Quando si fa la curva glicemica

La curva glicemica si effettua tra la 24a e la 28a settimana di gestazione. Si tratta di un esame fastidioso, dato che consiste nell’ingerire una grossa quantità di zucchero in una volta sola. Capita che la paziente lamenti capogiri e nausea, qualche volta perfino vomito. Nonostante questo, la curva glicemica è un esame innocuo ed essenziale per misurare il rischio di diabete gestazionale.

Quando esegue la curva glicemica, la donna deve:

  1. rimanere a digiuno per 8-12 ore;
  2. misurare la concentrazione di zuccheri nel sangue;
  3. bere 75 g di glucosio sciolti in 180 ml di acqua;
  4. attendere per 2 ore, in condizioni di assoluto riposo;
  5. misurare nuovamente la concentrazione di zuccheri.

Se si rilevano alterazioni della glicemia, è probabile che la donna soffra di diabete gestazionale. Per questo motivo, la curva glicemica è importante soprattutto per chi presenta fattori di rischio come:

  • sovrappeso;
  • età superiore a 35 anni;
  • familiarità per il diabete;
  • feto più pesante della media.

Gli altri esami da fare in gravidanza

Gli esami visti sopra sono quelli principali da fare in gravidanza, i più conosciuti. Tra le tante prescrizioni mediche, ci sono però test meno noti eppure altrettanto importanti.

Esami del sangue in gravidanza

In gravidanza, gli esami ematochimici aiutano a misurare lo stato di salute della donna e del suo bambino. Da un lato, misurano i livelli di nutrienti presenti nel sangue, individuando eventuali scompensi. Dall’altro, individuano la presenza di anticorpi e di virus potenzialmente pericolosi per il feto.

Screening trombofilico

L’esame di screening misura il rischio di trombosi in gravidanza, ovvero che si formino coaguli dentro i vasi sanguigni. Dato che il sangue di una donna incinta è sempre più denso del normale, il test potrebbe essere un po’ meno affidabile. Ecco perché sarebbe meglio eseguirlo prima di concepire.

Lo screening trombofolico è un esame facoltativo, necessario solo in presenza di fattori di rischio quali aborti ricorrenti o trombosi ereditaria. Secondo i medici, infatti, l’alto numero di falsi positivi servirebbe solo ad aumentare lo stress di donne in realtà sane.

In caso di esito positivo dell’esame, si prescrive l’assunzione di aspirina a basso dosaggio per fluidificare il sangue.

Beta hCG

La beta hCG è una frazione della gonadotropina corionica umana, l’ormone prodotto subito dopo il concepimento. Fino alla 13a settimana di gestazione, i livelli dell’ormone aumentano; dopodiché, iniziano a decrescere. 

I test di gravidanza domestici sfruttano proprio questo meccanismo e, di solito, danno esiti affidabili. Talvolta, però, i livelli crescono troppo lentamente perché i test delle urine rilevino l’ormone. In casi del genere, si procede quindi con un ulteriore esame del sangue.

Emocromo

L’emocromo è un esame che misura i livelli degli elementi che compongono il sangue, come l’emoglobina e le piastrine. Il test aiuta a individuare anomalie nel sangue che, se non affrontate per tempo, possono provocare aborto spontaneo ed emorragie interne.

Test di Coombs

L’esame è particolarmente importante qualora i due genitori abbia gruppo sanguigno o fattore Rh diverso. Serve infatti per evitare che il sistema immunitario materno reagisca contro il feto, cosa frequente quando donna e feto hanno due fattori Rh diversi.

Quando il fattore Rh materno è negativo e quello del feto è positivo, l’organismo può sviluppare anticorpi anti-D che attaccano i globuli rossi del bambino. Il test di Coombs serve proprio per verificare la presenza di questi anticorpi, in modo da bloccarli prima che danneggino il feto.

Per evitare che gli anti-D si formino, basta fare un’iniezione a base di immunoglobuline anti-D. La terapia non ha effetti collaterali e riduce il rischio di morte perinatale per il bambino.

Transaminasi

Le transaminasi sono enzimi che trasformano gli amminoacidi in energia e in altri amminoacidi. Transaminasi troppo alte possono essere connesse a malattie epatiche, cardiache e muscolo-scheletriche.

Rubeo test

Il rubeo test serve per verificare la presenza di anticorpi contro la rosolia. Benché la malattia sia quasi del tutto innocua per adulti e bambini, infatti, può provocare gravi danni nello sviluppo del feto. Contratta in gravidanza provoca nel feto:

  • sordità;
  • cecità;
  • deficit mentali;
  • difetti cardiaci.

Il vaccino della rosolia è obbligatorio a partire dal 2017, mentre prima era solo consigliato. Il rubeo test serve proprio per verificare se la paziente è già immunizzata contro la malattia; se così non fosse, la donna non può che cercare di evitare il contagio prestando attenzione.

Nel caso la paziente risultasse positiva alla rosolia, verrà tenuta sotto costante controllo. Se il contagio è avvenuto nelle prime 12 settimane, c’è l’elevato rischio che il feto subisca danni permanenti. Se invece la paziente è nelle prime 20 settimane di gestazione, è probabile che il bambino nasca con una forma congenita di rosolia. Dopo la 20a settimana, il pericolo è relativamente basso.

Esame per la toxoplasmosi

La toxoplasmosi è una parassitosi provocata da Toxoplasma Gondii; il parassita si trova sia nella carne sia nelle feci degli animali. Per questa ragione, infetta l’essere umano soprattutto attraverso:

  • consumo di carne cruda;
  • consumo di frutta e verdura cruda, non lavata;
  • contatto ravvicinato con feci di animali infetti (ad esempio, la lettiera del gatto).

Nell’adulto, l’infezione è simile a una piccola influenza; qualche volta, rimane addirittura asintomatica. La toxoplasmosi è pericolosa per il feto, però, dato che può provocare aborto spontaneo o malformazioni congenite.

Per proteggere il nascituro dalla toxoplasmosi, bisogna seguire alcune piccole regole di alimentazione. Inoltre, è importante eseguire un esame per la toxoplasmosi in gravidanza, di solito entro la 13a settimana di gestazione. Se si sta programmando una gravidanza, lo si può fare anche prima.

L’esame del sangue individua la presenza di anticorpi specifici, per verificare se a donna sia o meno immune al toxoplasma.

CMV test

L’esame del citomegalovirus (CMV) serve per verificare la presenza di questo virus erpetico nell’organismo materno. Contratto in gravidanza, può oltrepassare la barriera della placenta e contagiare il bambino; nel 10% dei casi provoca ritardi fisici e cognitivi.

Test per la sifilide

La sifilide è una malattia tutt’altro che scomparsa, motivo per cui tutte le donne incinte sono invitate a testarsi. Durante la gestazione, può infatti provocare gravi malformazioni nel feto.

Test HIV

Se non diagnosticata, l’HIV è trasmissibile anche al feto. In caso di esito positivo dell’esame, è quindi necessario sottoporsi a terapie antiretrovirali che evitino il contagio.

Esami per malformazioni

Quando la madre ha più di 35 anni, aumentano i rischi di malformazioni per il feto. Per questo motivo, il protocollo di esami in gravidanza prevede dei test per individuare eventuali difetti congeniti.

Translucenza nucale

La translucenza nucale si esegue tra la 11a e la 14a settimana di gestazione. Il ginecologo espone l’utero ad ultrasuoni che si riflettono sui tessuti del feto, restituendo un’immagine che dovrebbe essere del tutto completa. “Dovrebbe”, appunto.

Nella regione posteriore del collo, c’è un’area che talvolta non riflette gli ultrasuoni, “translucente”. La causa è un accumulo di liquido tra la cute e i tessuti paravertebrali. In uno sviluppo fisiologico, l’organismo comincia ad assorbire il fluido intorno alla 10a settimana; l’accumulo dovrebbe scomparire intorno alla 14a settimana o poco dopo.

In base a quanto la regione è translucente, il medico riesce a misurare la quantità di liquido ancora accumulato. Se il liquido è troppo rispetto alla media del periodo, potrebbe essere sintomo di un’anomalia nello sviluppo. Nello specifico, un accumulo eccessivo è correlato a un rischio maggiore di sindrome di Down, cardiopatie, displasie scheletriche ed altri difetti congeniti.

Quale che sia il risultato della translucenza nucale, questo va confermato mediante test diagnostici specifici.

Esame morfologico

L’ecografia morfologica si esegue tra la 19a e la 21a settimana di gestazione, nel secondo trimestre; è la seconda tra le ecografie consigliate in gravidanza ed è quella da cui si traggono più informazioni. Dato che il feto è ormai cresciuto, è possibile osservare:

  • anatomia del feto, per verificare che lo sviluppo stia proseguendo normalmente;
  • dimensioni, verificando se sono nella media. Un peso troppo sopra o troppo sotto la media, infatti, è collegato a problemi quali preeclampsia e diabete gestazionale;
  • anatomia dei genitali, il che consente di verificare il sesso del nascituro (a meno che il bambino non sia girato o rannicchiato su se stesso).

Durante l’esame morfologico, il ginecologo osserva tutti gli organi e prende una serie di misurazioni.

  1. Lunghezza totale del feto, lunghezza del femore e lunghezza dell’omero.
  2. Circonferenza addominale, importante per valutare lo sviluppo fetale.
  3. Peso stimato, che non dovrebbe essere troppo basso ma neanche troppo alto.
  4. Spazi liquidi all’interno del cervello, ovvero gli spazi ventricolari. Valori troppo ampi sono associati ad anomalie cromosomiche come la sindrome di Down.
  5. Lunghezza e forma della colonna vertebrale, per verificare che le vertebre si siano chiuse e non ci siano difetti del tubo neurale, evitabili con una corretta assunzione di acido folico.
  6. Diametro tra le ossa parietali, pressapoco all’altezza delle orecchie, e circonferenza cranica.
  7. Lunghezza del cervelletto, l’organo che gestisce l’equilibrio.
  8. Resistenza dei vasi sanguigni fetali e materni.
  9. Battito fetale e conformazione dell’organo cardiaco.
  10. Quantità di liquido amniotico. Quando comincia ad essere poco, bisogna indurre il parto.

Inoltre il medico si assicura che le estremità si stiano sviluppando nel modo corretto, se possibile (a volte il bimbo tiene i pugni chiusi), e controlla il passaggio naso-labbro superiore. Quest’ultimo è importante per verificare la presenza di labbro leporino, il più delle volte causato dall’abuso di alcol in gravidanza.

Bi-test

Il bi-test è un esame che comprende translucenza nucale e dosaggio delle proteine Free Beta-hCG e PAPP-A (proteina plasmatica associata alla gravidanza). Livelli troppo alti di Beta-hCG e troppo bassi di PAPP-A sono infatti correlati a una maggiore incidenza di anomalie cromosomiche.

Benché l’unione dei due tipi di esami sia più affidabile della sola translucenza nucale, il bi-test rimane un test di screening. Per avere risultati al 100% sicuri, bisogna quindi eseguire ulteriori test diagnostici.

Tri-test

Come il bi-test, consiste nell’unione tra analisi del sangue e translucenza nucale. In questo caso, si misurano i valori di:

  • Free Beta-hCG;
  • AFP (alfa fetoproteina);
  • uE3 (estriolo non coniugato).

L’esame si esegue tra la 16a e la 17a settimana di gestazione, quindi qualche settimana dopo rispetto bi-test e translucenza. Anche in questo caso, si tratta di un esame di screening da accompagnare a test diagnostici.

Esami genetici da fare in gravidanza

Gli esami genetici specifici per la gravidanza individuano le alterazioni del DNA più comuni, come:

  • anomalie nel numero di cromosomi, tra cui ci sono le trisomie;
  • anomalie dei cromosomi sessuali, tra cui la sindrome della tripla X;
  • anomalie di struttura, provocate dalla rottura di cromosomi e dalla conseguente perdita di materiale genetico.

Villocentesi

La villocentesi è un test prenatale invasivo, che comporta un rischio di aborto spontaneo dell’1-2%. Consiste nel prelievo di un campione di villi coriali, una parte della placenta nella quale è presente il DNA del feto.

L’analisi del materiale genetico dà risposte affidabili al 99%, utilizzabili per la diagnosi di difetti congeniti e di anomalie cromosomiche. La villocentesi viene usata anche per i test di paternità.

Amniocentesi

L’amniocentesi è un altro esame genetico affidabile ma invasivo: l’amniocentesi precoce, eseguibile a partire dalla 10a settimana di gestazione, comporta un rischio di aborto spontaneo intorno allo 0,5%.

In compenso, i risultati dell’amniocentesi hanno un valore diagnostico. Per questa ragione, la si usa qualora si sospetti la presenza di anomalie cromosomiche.

Test del DNA fetale

Il test del DNA fetale è un test di screening, ovvero valuta il rischio che il bambino sviluppi determinate problematiche. Ne esistono di diversi tipi: da quelli che si focalizzano sulle predisposizioni genetiche, fino a quelli che servono a rilevare eventuali anomalie cromosomiche. Consistono tutti nel prelevare un campione di sangue materno, dal quale isolare le cellule del feto.

Rispetto ai test diagnostici visti sopra, i test di screening prenatale sono non invasivi e quindi molto più sicuri. Per questa ragione, li si usa per misurare il rischio di anomalie genetiche; nel caso il rischio risultasse alto, si procede anche con i test diagnostici.

Esami per la Sindrome di Down

Gli esami in gravidanza per la sindrome di Down si eseguono in due fasi:

  • test di screening, per misurare il rischio che il feto sia affetto dalla malattia;
  • eventuale test diagnostico, per confermare i risultati ottenuti dal test di screening.

I test diagnostici disponibili sono la villocentesi e l’amniocentesi; per la diagnosi di trisomie come la sindrome di Down, si preferisce quest’ultima. Come visto sopra, entrambi gli esami sono invasivi e comportano un certo margine di rischio per il feto. Ecco perché si preferisce farli solo in caso di necessità, qualora i test di screening rilevino un rischio elevato.

I test di screening oggi disponibili sono:

  • translucenza nucale, attendibilità del 75%, eseguibile dalla 11a settimana;
  • bi-test, attendibilità dell’83%, eseguibile insieme alla translucenza nucale;
  • tri-test, attendibilità del 90%, eseguibile dalla 16a settimana;
  • test del DNA fetale, con un tasso di attendibilità del 99%, eseguibile dalla 10a settimana.

Quest’ultimo si conferma quindi essere il più attendibile e rapido tra i test di screening: è eseguibile alla fine del primo trimestre, i risultati sono pronti nel giro di massimo 15 giorni e lascia tutto il tempo per eseguire eventuali test diagnostici.

Ormai è chiaro: per quanto siano tanto e qualche volta persino fastidiosi, gli esami da fare in gravidanza sono preziosi sia per la mamma sia per il bambino. Rappresentano infatti una sicurezza per la salute di entrambi.

"Siamo davvero rimasti soddisfatti, azienda seria, tutor sempre a disposizione, personale competente e professionale. Complimenti!"
Badalà/Lombardo (Cliente Sorgente)

Leggi i commenti lasciati dai nostri clienti.

Recensioni Verificate

Sorgente

Copy link