Nel 1992, Frances Verter ha tutto ciò che una persona può desiderare: una carriera avviata nella NASA e una figlia amata e desiderata. La piccola Shai è vivace e tosta, proprio come sua madre e come il padre di sua madre, di cui ha preso il nome. Quell’energia la porterà a fare grandi cose, sua madre ne è certa.
Quando Shai ha 8 mesi, comincia a stare poco bene: è sempre stanca e fa fatica a respira; qualche volta, non riesce nemmeno ad andare al bagno. Frances la porta dal medico, ma non sa dire cosa sia. La porta allora da un altro e da un altro ancora finché, quando Shai ha ormai 11 mesi, non arriva la risposta: rabdomiosarcoma, un tipo di tumore maligno che colpisce i tessuti molli.
Pare che Shai sia nata con questa bomba ad orologeria nelle pelvi, pronta a scoppiare. Nel corso degli undici mesi della sua breve vita, il tumore si è allargato fino ai polmoni e la sua corsa non sembra volersi fermare. La bambina e sua madre iniziano una corsa contro il tempo.
I medici rimuovono il tumore e gli organi irrecuperabili, dopodiché stroncano le cellule tumorali rimaste con chemioterapia e radioterapia. Un inferno fatto di stanze d’ospedale e di radiazioni, dal quale però Shai esce vittoriosa, mano nella mano con sua madre. Ciliegina sulla torta, Frances trova l’amore e si sposa con un genitore single come lei.
Sarebbe bello finire questa storia qui. Shai oggi sarebbe una splendida trentenne e quell’anno e mezzo di trattamenti sarebbero solo un brutto ricordo. Se così fosse, oggi non staremmo parlando di Frances Verter, probabilmente.
Nel 1996, sei giorni dopo il matrimonio, arriva la notizia: Shai soffre di una leucemia “secondaria”, ovvero causata dai trattamenti subiti per combattere il rabdomiosarcoma.
L’unica salvezza di Shai è un trapianto di cellule staminali, ma non ci sono donatori compatibili. Frances continua a cercare e cercare, finché Shai non si spegne circondata dall’amore della propria famiglia. A dicembre avrebbe compiuto 5 anni, ma lei se ne va all’inizio di settembre.
Nonostante il dolore, Frances va avanti e rimane di nuovo incinta. Il ricordo della sua bambina è sempre con lei, però, così come la paura di dover rivivere quell’inferno. Dio, se solo avessero trovato un donatore compatibile…
Frances è una scienziata e trasforma la paura in fatti: ci sarà un modo per prevenire un’eventualità del genere, no? In effetti, negli ultimi anni sta prendendo piede una terapia nuova, che prevede l’utilizzo del sangue prelevato dal cordone ombelicale. Pare che sia ricchissimo di cellule staminali, tanto che alcune aziende aiutano i genitori a prelevare e conservare quello dei loro figli.
Fantastico, ma come distinguere le aziende serie dalle altre? Frances ricomincia a cercare e accumula volantini, informazioni, dati di tutti i tipi. Alla fine fa la sua scelta e, alla sua nascita, conserva le staminali della seconda figlia nella banca migliore tra quelle trovate. Cosa fare adesso di tutte queste informazioni?
Frances è una scienziata e sa come muoversi in questi ambiti, cosa e dove guardare. Non tutti possono dire lo stesso. È il 1998 e internet è qualcosa di lento e rumoroso, ma si sta diffondendo, quindi la scelta è ovvia: Frances prende tutto ciò che ha imparato e lo butta in un sito, la Parent’s Guide to Cord Blood.
Il resto è storia. Il sito risponde alle esigenze di sempre più genitori, in cerca di informazioni su come salvaguardare i propri figli in caso di malattia. Diventa quindi sempre più grande, finché Frances non lo trasforma in un lavoro a tempo pieno. Nel mentre, viaggia per gli Stati Uniti raccontando la propria storia e spiegando quanto sia importante conservare le staminali del cordone.
Il premio ricevuto durante l’edizione 2022 del World Stem Cells Summit è solo una delle conseguenze naturali del lavoro fatto negli anni. Perché, diciamoci la verità: per la dottoressa Frances Verter, il vero premio è aver aiutato decine di bambini nel corso degli anni, salvati dalle cellule del cordone ombelicale.
In fondo, è un po’ come se Shai continuasse a vivere in tutti loro.
Fonte: parentsguidecordblood.org/
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